
Accessibilità e barriere architettoniche
In tema di accessibilità degli edifici e di eliminazione delle barriere architettoniche, le prescrizioni tecniche in ordine alla larghezza minima delle rampe delle scale possono essere derogate.
La vicenda era nata dall’impugnazione da parte di una condomina di una delibera assembleare con la quale era stata approvata, a maggioranza semplice, il progetto di realizzazione dell’impianto di ascensore; si chiedeva in particolare il suo annullamento sul rilievo che, al contrario, la delibera avrebbe invece dovuto essere adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c.. Ad ogni modo, si faceva altresì notare, il progetto approvato dalla delibera aveva previsto la riduzione della larghezza delle scale sotto il limite di legge di 120 cm. Il condominio, al contrario, sosteneva che non era necessario il rispetto della maggioranza qualificata, in quanto l’installazione dell’ascensore costituiva l’esecuzione di un impegno negoziale già assunto dagli originari proprietari del fabbricato, tra cui rientrava la parte attrice. Per altro, trattandosi di un’opera volta al superamento delle barriere architettoniche, poteva essere approvata con la maggioranza semplice di cui all’art. 2, l. n. 13/1989.
Il giudice di primo grado accoglieva le istanze della condomina, annullando la delibera assembleare, sulla scorta della necessità che, anche in ipotesi di condominio minino – come nel caso di specie, fosse necessaria la maggioranza qualificata. In relazione al progetto, il tribunale aveva poi fatto notare che il medesimo aveva determinato la riduzione della larghezza della cassa scale, in violazione dei limiti fissati dal D.P.R. n. 236/1989, attuativo della L. n. 13/1989, per cui non era possibile beneficiare della maggioranza semplice prevista dalla predetta legge quando l’installazione dell’ascensore veniva a determinare la difformità della struttura ad altri importanti standard normativamente previsti a tutela dei soggetti portatori di handicap.
La Corte d’Appello, al contrario, ribaltava il decisum di primo grado, accogliendo il gravame del condominio e dando peso a quell’impegno negoziale, prima menzionato, che, in merito alla questione de qua, era già stato assunto dalle parti. Si trattava, in particolare, di una scrittura privata integrativa dell’atto di divisione del fabbricato in questione, tramite la quale le parti avevano concordato di procedere all’installazione di un impianto di ascensore nel fabbricato, divenuto ormai condominiale per effetto della divisione. L’installazione dell’ascensore, quindi, non richiedeva un’ulteriore delibera da parte del condominio, chiamato piuttosto ad esprimersi ora solo su questioni di carattere secondario, quali ad esempio l’individuazione del progetto più conveniente o dell’impresa chiamata ad eseguire i lavori.
La questione giungeva così dinanzi alla Corte di Cassazione, sulla scorta del ricorso della condomina; gli ermellini, tuttavia, nel confermare la decisione della Corte d’Appello, hanno ritenuto doversi rigettare il suo gravame. In tal senso, la Corte di legittimità ha, fra le altre cose, ricordato che in tema di accessibilità degli edifici e di eliminazione delle barriere architettoniche, le prescrizioni tecniche dettate dall’art. 8 del d.m. n. 236/1989 in ordine alla larghezza minima delle rampe delle scale (indicata nella misura di m. 1,20), possono essere derogate mediante scrittura privata poiché l’art. 7 del medesimo d.m. consente, in sede di progetto, di adottare soluzioni alternative alle suddette specificazioni e soluzioni tecniche, purché rispondenti alle esigenze sottintese dai criteri di progettazione.
Cass., 24 gennaio 2019, n. 2050
Redazione A-I.it Avvocati Associati in Italia
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