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Concessione del credito: necessarie buona fede e correttezza delle banche

Le banche, nello svolgere la propria attività, hanno l’obbligo di comportarsi in conformità ai generali principi di trasparenza, buona fede e correttezza, non solo in sede di esecuzione del contratto, ma anche nella fase precedente, durante le trattative.


La vicenda aveva visto gli amministratori di una società convenire in giudizio un istituto bancario al fine di sentir accertare la violazione dell’art. 1337 c.c. da parte del convento, chiedendo conseguentemente il risarcimento di tutti i danni subiti.

Orbene, prescindendo dal merito della vicenda quel che preme sottolineare sono le considerazioni del giudice in relazione, appunto, alla violazione dell’art.1337 c.c. con particolare riferimento ai contratti bancari. Il D.Lgs. n. 385/1983, art. 127, fa obbligo alle banche di comportarsi in conformità ai generali principi di trasparenza, buona fede e correttezza, non solo in sede di esecuzione del contratto, ma anche nella fase precedente, durante le trattative.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, i doveri di correttezza e buona fede in sede precontrattuale stabiliti dal codice civile rilevano non solo nelle fattispecie di rottura ingiustificata delle trattative, ma implicano il più ampio dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamento maliziosi o reticenti, fornendo alla controparte ogni dato rilevante conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza ai fini della stipulazione del contratto.

Le banche nello svolgere la propria attività, devono confermarsi avendo riguardo alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario. La Banca d’Italia esercita i poteri di controllo avendo riguardo alla “sana e prudente gestione dei soggetti vigilati”, come sancisce espressamente l’art. 5 del TUB (d.lgs. n. 385/1993).

Per quanto concerne la concessione del credito, il cliente ha diritto di ricevere le indicazioni di carattere generale, ma sempre rapportate alle concrete circostanze individuali, ed orientate dalla valutazione del cd. merito creditizio del richiedente. Il cd. merito creditizio del richiedente è lo strumento con cui l’ente creditizio, attraverso l’istruttoria, individua i rischi correlati all’attività di prestito, sia in considerazione alle capacità del debitore, sia inteso all’attitudine di quest’ultimo a tenere fede agli impegni assunti ed alla sua capacità di produrre reddito nel tempo, in definitiva serve a valutare se il cliente è un “buon debitore”.

Sul punto, l ‘Arbitrato Bancario Finanziario, con decisione n. 2248/2014, ha rimarcato l’insindacabilità della banca nella concessione del mutuo e quindi la legittimità della sua decisione di rigetto della domanda di credito, per cause relative al cd. merito creditizio; cionondimeno è stata ravvisata la responsabilità dell’istituto in ragione: 1) del lungo e ingiustificato protrarsi dell’istruttoria (protrattasi per circa 6 mesi dalla richiesta); 2) dalle rassicurazioni che la medesima banca risulta aver fornito inizialmente al richiedente; 3) dal tenore succinto e assolutamente inadeguato delle motivazioni addotte a giustificazione del diniego di credito – del tutto inidonee a far emergere le ragioni e le valutazioni alla base dello stesso; 4) dell’atteggiamento silente e dell’assenza di comunicazioni circa l’esito della richiesta da parte della medesima banca. Pertanto, la responsabilità delle banche per la mancata concessione ed erogazione del credito deve essere collegata ad un criterio sostanziale, determinato dall’efficienza e correttezza dell’intermediario, ma anche ad un criterio formale determinato dal tempo sotteso alla mancata concessione.

La mancanza della concessione del credito da parte della Banca, si inserisce nell’annovero dell’art. 1337 c.c., la cd. responsabilità precontrattuale. In tema, vi è un obbligo delle parti a tenere, nel corso delle trattative e nella formazione del contratto, un comportamento coerente con i principi di solidarietà e salvaguardia dell’altrui interesse negoziale. Nel caso di intermediari finanziari tali obblighi si oggettivano in obblighi di informazione lealtà e chiarezza.

Perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative, che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo, che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

La condotta tenuta dall’intermediario è tale da generare nel richiedente un legittimo affidamento nella positiva conclusione delle trattative, e quindi, nella concessione del mutuo, al punto da far ritenere la eventuale rottura delle stesse come indebita. Solo laddove le trattative non sono giunte ad uno stadio di “affidamento”, presuppongono la libertà di non procedere ad una stipulazione, senza alcuna responsabilità della Banca.

E’ stato quindi affermato che in tema di rapporti bancari per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità.

Nella specie, possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c. è necessario che tra le parti siano in corso trattative giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. Le trattative, fino a quando non sono giunte ad uno stadio di “affidamento”, presuppongono difatti la libertà di non procedere ad una stipulazione, senza alcuna responsabilità. Non solo; è necessario altresì che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo. Questo in quanto le parti hanno comunque sempre facoltà di verificare durante le trattative la propria convenienza alla stipulazione, e di recedere in ogni momento ed indipendentemente da un giustificato motivo. L’ingiustificato motivo assume rilievo solo ove si sia precedentemente formato il ragionevole affidamento dell’altra parte, per il concreto evolversi della trattativa e per il comportamento delle parti durante essa. Ed infine è necessario che, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

Secondo la giurisprudenza quindi, le trattative “affidanti” possono essere quelle nel corso delle quali le parti abbiano preso in seria considerazione gli elementi essenziali del contratto da concludere, giungendo ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

Sussiste responsabilità precontrattuale della banca per ingiustificata interruzione delle trattative finalizzate alla concessione di un finanziamento qualora il cliente abbia formulato una proposta concordata con i funzionari coerente con le indicazioni della banca risultanti da precedenti dinieghi relativi ad analogo finanziamento in differente forma, e qualora nell’imminenza della auspicata delibera la banca abbia autorizzato una serie di attività prodromiche alla ritenuta imminente concessione del finanziamento, mediante apertura di un conto corrente sul quale sia stata versata la provvista per l’acquisto subito dopo effettuato di Titoli destinati ad essere costituiti in pegno a garanzia del finanziamento stesso poi negato senza specifica motivazione.

Trib. Firenze, Sez. III, 20 maggio 2020, n.1116

Redazione A-I.it Avvocati Associati

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