
Condominio: mutamento di uso della cosa comune
Condominio: il mutamento di destinazione d’uso di un immobile posto su una strada privata ad uso pubblico contrasta con l’art. 1102 c.c., in tema di uso della cosa comune.
Un condominio aveva lamentato la violazione del regolamento condominiale e l’illegittimità della modificazione di alcune parti comuni dello stabile da parte di un condomino, agendo dunque in giudizio contro il medesimo.
Il giudice di primo grado aveva effettivamente emesso ordinanza di sospensione dei lavori in corso di esecuzione dell’opera in questione relativi alla trasformazione del piano terreno, adibito a palestra, in autorimesse, per effetto della quale si era venuta a verificare l’inutilizzabilità come parcheggio dell’area stradale posta in corrispondenza degli ingressi con perdita della possibilità del parcheggio per sei autovetture nella strada privata di proprietà dei condomini di vari stabili, tra cui quelli del ricorrente. Veniva per altro chiesto che fosse dichiarata l’illiceità degli interventi già realizzati, con relativo ordine di riduzione in pristino con riguardo alle modificazioni apportate alle parti comuni e a quelle esclusive, nonché di dichiarare l’illiceità della creazione di accessi carrabili ai locali trasformati, con relativa condanna alla rimessione in pristino stato.
Orbene, le decisioni sia dei giudici di merito che della Corte di Cassazione si sono mosse nella stessa direzione, accogliendo le doglianze del condominio.
In particolare, la Corte di legittimità ha in primo luogo ricordato che l’assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi quando il relativo intervento implichi un’utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa, con ciò escludendosi l’applicabilità dell’art. 825 c.c.
Per altro, nel caso di specie, i giudici hanno confermato la violazione dell’art. 1102 c.c., poiché l’intervento eseguito dal condomino aveva comportato una limitazione effettiva e concreta dei diritti degli altri comproprietari della strada, impedendo il pari uso del relativo diritto.
La funzione della strada, per le sue caratteristiche intrinseche, corrispondenti all’uso concreto sempre fatto di essa, aveva comportato in modo permanente anche la possibilità del parcheggio ai lati di essa, e tale possibilità era risultata certamente ridotta dall’esercizio del passo carraio verso le nuove autorimesse, determinando la riduzione di sei spazi per il parcheggio, non compensata dall’esistenza dei nuovi spazi per parcheggio costituiti dalle autorimesse, siccome poste al servizio esclusivo dei rispettivi proprietari, come tali da qualificarsi titolari di uno spazio di parcheggio riservato, sottraendo alla possibilità di fruizione da parte degli altri comproprietari una parte della strada.
In tema di comunione, se è vero che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, è altrettanto vero che mediante questa utilizzazione non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest’ultimi. A tal fine, va, quindi, puntualizzato che l’uso del singolo comproprietario può ritenersi consentito solo ove l’utilità aggiuntiva non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù a carico del suddetto bene comune.
Applicando tale principio generale ne deriva che anche l’assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico non implica la facoltà dei proprietari frontisti di aprire accessi diretti dai loro fondi su detta strada, comportando ciò un’utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto dell’indicata servitù.
Cass. civ., Sez. II, 15 settembre 2021, n. 24937
Redazione A-I.it Avvocati Associati
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