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Locazioni-risarcimento-danni

Locazioni e risarcimento danni

Il danno risarcibile al locatore a titolo di lucro cessante è rappresentato dalla mancata percezione di un introito mensile per tutto il tempo presumibilmente necessario per poterlo nuovamente locare.


Una società aveva chiesto in primo grado che fosse dichiarata la risoluzione del contratto di locazione di immobile ad uso commerciale stipulato con la società locatrice a causa del suo inadempimento, determinatosi per la mancata fornitura della documentazione tecnica necessaria per l’adeguamento del certificato di prevenzione incendi, con la condanna altresì della convenuta al risarcimento del danno.

Da par suo, la locatrice, resistendo alla domanda, evidenziava che invece inadempiente sarebbe stata la conduttrice per non aver corrisposto il pagamento dei canoni pattuiti.

Il Tribunale rigettava le domande della conduttrice, condannandola per altro al pagamento della residua somma dovuta per canoni. Dello stesso parere la Corte d’Appello, secondo la quale, in conseguenza dell’anticipata cessazione del rapporto, non giustificata da legittimi motivi di risoluzione per inadempimento del locatore, il conduttore era tenuto a pagare il canone fino alla naturale scadenza del contratto.

La Corte di Cassazione, entrata in causa sulla scorta del gravame presentato dalla locatrice, la cui domanda di risarcimento per l’inadempimento della conduttrice da anticipato rilascio era stata rigettata dai giudici di merito, ha fornito una serie di interessanti considerazioni.

Stante la mancanza nell’attuale codice civile di una norma specifica volta all’individuazione dei danni risarcibili in caso di risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore, occorre richiamare le regole generali in tema di risoluzione e segnatamente l’art. 1453 c.c., per la quale l’obbligo di risarcire il danno si pone quale rimedio ulteriore sia alla manutenzione che alla risoluzione del contratto.

Orbene, la giurisprudenza di legittimità, secondo un primo e maggiormente diffuso orientamento, ha riconosciuto in capo al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l’utile ricavato, o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto. Sostenere che, ove la parte non inadempiente di un contratto di durata, in luogo di chiedere la condanna dell’altra parte all’adempimento, preferisca troncare il rapporto non ritenendo più di poter fare affidamento in ordine alla capacità e volontà della controparte di proseguire il rapporto adempiendo regolarmente alle proprie obbligazioni, e chieda pertanto la risoluzione, assuma il rischio del mancato guadagno, significa non individuare o negare la funzione restitutoria del risarcimento per equivalente, che nel caso della risoluzione contrattuale accompagna lo scioglimento del rapporto contrattuale qualora esso da solo non sia sufficiente a mettere la parte non inadempiente nella stessa situazione in cui essa si sarebbe trovata in mancanza dell’inadempimento della controparte.

Al contrario, l’art. 1453 c.c., facendo salvo, in ogni caso, il diritto della parte adempiente, che chiede la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, al risarcimento dei danni, ricomprende, tra i danni risarcibili, anche il mancato guadagno, se e in quanto esso costituisca conseguenza immediata e diretta, ex art. 1223 c.c. dell’evento risolutivo. Tale pregiudizio si può individuare nell’incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell’altra parte.

Si tratta di un danno potenziale e futuro, la cui concreta risarcibilità postula l’effettività della lesione dell’interesse del creditore all’esecuzione del contratto; il che comporta – con specifico riferimento a fattispecie… della risoluzione della locazione per inadempimento dell’obbligazione di pagamento dei canoni da parte del conduttore – che la mancata percezione di un canone mensile, nel periodo successivo al rilascio per effetto della pronuncia risolutiva, sia dipesa da causa diversa dalla volontà del locatore di non locare nuovamente l’immobile riservandosene la disponibilità materiale.

Costituisce indagine di merito, da farsi caso per caso e non sindacabile se non sotto il profilo del vizio di motivazione, la verifica nel caso concreto dell’ammontare del danno effettivamente subito dal locatore, per accertare se esso sia pari… ai canoni non percepiti fino al reperimento di un nuovo conduttore e poi, da quel momento e fino alla scadenza naturale del contratto risolto, pari alla differenza tra i due canoni, se esistente. All’interno di tale indagine potrà poi trovare spazio l’accertamento se il ritardo nel trovare un nuovo conduttore o il reperimento di esso ma a condizioni contrattuali a lui meno favorevoli sia in tutto o in parte addebitabile all’inerzia o ad altro atteggiamento del locatore (ad esempio una esasperata selettività nel vagliare gli aspiranti conduttori) che possa ritenersi in contrasto con l’art. 1227, co. 2, c.c.

Il danno risarcibile al locatore a titolo di lucro cessante è rappresentato dalla mancata percezione di un introito mensile per tutto il tempo presumibilmente necessario per poterlo nuovamente locare, in relazione al quale un obiettivo parametro di riferimento può essere utilmente individuato, salvo prova diversa, nel periodo di preavviso previsto per il recesso del conduttore.

In applicazione del principio generale che onera la parte creditrice della specifica dimostrazione dell’esistenza del danno, deve ritenersi che gravi sul locatore l’onere della prova di avere inutilmente tentato di locare l’immobile ovvero della sussistenza di altre analoghe situazioni pregiudizievoli (come ad es. il reperimento di offerte di locazione meno vantaggiose), dando conto dei concreti propositi di utilizzazione dell’immobile, atteso che la relativa dimostrazione, anche in ragione del criterio di vicinanza della prova, non può far carico al conduttore.

Cass. civ., Sez. III, 5 maggio 2020, n. 8482

Redazione A-I.it Avvocati Associati

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