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Responsabilità-extracontrattuale-danneggiato

Responsabilità extracontrattuale e comportamento colposo del danneggiato

Sia in caso di responsabilità per cose in custodia che in caso di responsabilità ex art. 2043 c.c., il comportamento colposo del danneggiato può o atteggiarsi a concorso casuale colposo ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno.


Un medico aveva convenuto in giudizio un condominio per vedersi risarcire il danno a lui subito a causa di una caduta determinata dalla presenza di un insidioso gradino poco illuminato sulla pavimentazione esterna di un centro commerciale: gli spazi comuni antistanti il centro commerciale risultavano affidati, infatti, alla gestione del condominio convenuto.

Mentre il giudice di primo grado aveva accolto la domanda attorea, ritenendo integrata la responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c., non così la Corte d’Appello, che invece rifermava la sentenza impugnata, ritenendo sussistente un concorso di colpa ex art. 1227 c.c.: infatti, secondo la Corte, l’evento sarebbe stato imputabile al comportamento colposo del danneggiato, non avendo egli utilizzato la prudenza richiesta ordinariamente a colui che cammina in un luogo poco illuminato ed integrandosi così l’ipotesi di caso fortuito con la conseguente interruzione del nesso di causa.

Non ha avuto maggior fortuna il medico dinanzi alla Cassazione, corte ha ritenuto inammissibile il gravame da lui presentato.

Gli ermellini hanno infatti ricordato che, tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c., quanto in ipotesi di responsabilità ex art. 2043 c.c., il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) può, in base ad un ordine crescente di gravità, o atteggiarsi a concorso casuale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1127 c.c., comma 1), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno, integrando gli estremi del caso fortuito a norma dell’art. 2051 c.c.

In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più l’incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento danno.

Cass. civ., Sez. VI-3, 28 maggio 2020, n. 10010/o.

Redazione A-I.it Avvocati Associati

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