
È nulla la rinuncia al trattamento di fine rapporto
Il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro: la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla.
Nella vicenda in esame, un lavoratore aveva ingiunto alla società presso la quale era stato impiegato il pagamento di una determinata somma a titolo di integrazione del trattamento di fine rapporto a seguito di transazione. La società, tuttavia, si era opposta, opposizione che aveva trovato il favore del giudice; del pari, il giudice di secondo grado aveva, poi, rigettato l’appello del dipendente avverso la sentenza che aveva accolto il ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo. Di fatto, si sottolineava, il carattere generale e novativo della transazione aveva trovato chiarimento nella espressa rinuncia, oltre all’integrazione del TFR, anche all’incidenza sugli istituti legali e contrattuali di tutte le voci retributive espressamente indicate, come rimborsi spese, bonus, stock options, fringe benefits.
Non dello stesso avviso gli ermellini ai quali poco dopo si era rivolto il dipendente.
La Corte, infatti, dopo aver premesso che la rinunzia può avere effetto abdicativo di un diritto in quanto risulti specificamente che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su di esso e che la stessa rinunzia è ammissibile in riferimento a diritti già maturati e dal contenuto determinato, ha altresì ricordato che il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi dell’art. 1418, co. 2, c.c., e art. 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato.
Cass., Sez. Lav., 28 maggio 2019, n. 14510
Redazione A-I.it Avvocati Associati
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