
Assunzioni obbligatorie e licenziamento
Il licenziamento comunicato ad un lavoratore obbligatoriamente assunto da parte di un datore di lavoro che non rispetti la c.d. quota di riserva prevista dalla legge n. 68/1999, è annullabile.
La vicenda in esame aveva visto sia il tribunale che la Corte d’Appello dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimato da una società nei confronti di un dipendente, ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro e il pagamento di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Risultava violato infatti, l’art. 10, co. 4, della L. n. 68 del 1999, perché, al momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente era inferiore alla quota di riserva prevista alla Legge citata, art. 3.
La società si rivolgeva così alla Corte di Cassazione, che, tuttavia, ha rigettato il ricorso.
Invero la ratio dell’art. 10 L. n. 68 del 1999, art. 10, nel quadro delle azioni di “promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro” di cui alle finalità espresse dalla L. n. 68 del 1999, art. 1, comma 1, è quella di evitare che, in occasione di licenziamenti individuali o collettivi motivati da ragioni economiche, l’imprenditore possa superare i limiti imposti alla presenza percentuale nella sua azienda di personale appartenente alle categorie protette, originariamente assunti in conformità ad un obbligo di legge. Il divieto è in parte compensato dalla sospensione degli obblighi di assunzione per le aziende che usufruiscano dei benefici di integrazione salariale ovvero per la durata delle procedure di mobilità previste dalla L. n. 223 del 1991, art. 3, comma 5, sicché in caso di crisi l’impresa è esonerata dall’assumere nuovi invalidi, ma non può coinvolgere quelli già assunti in recessi connessi a ragioni di riduzione del personale, ove ciò venga ad incidere sulle quote di riserva.
La disposizione è stata costantemente interpretata da questa Corte nel senso che essa riguarda solo il licenziamento di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, e non anche gli altri tipi di recesso datoriale .
Deriva che il licenziamento comunicato, per giustificato motivo oggettivo o nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, ad un lavoratore obbligatoriamente assunto da parte di un datore di lavoro che non rispetti la c.d. quota di riserva prevista dalla legge n. 68/1999, è annullabile con conseguente diritto del lavoratore alla reintegrazione nel proprio posto di lavoro.
Cass., Sez. lav., 15 ottobre 2019, n. 26029
Redazione A-I.it Avvocati Associati
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