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La responsabilità dell’ospedale

In tema di responsabilità professionale sanitaria, la responsabilità risarcitoria della struttura sanitaria, per l’inadempimento e/o per l’inesatto adempimento delle prestazioni dovute in base al contratto di spedalità, va inquadrata nella responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c.


Una donna, in ragione della frattura riportata a seguito dell’effettuazione di un trattamento di radioterapia, aveva citato in giudizio la struttura sanitaria presso la quale era stata ospitata per sentirne dichiarare la responsabilità. In particolare, a dire dell’attrice, il danno sarebbe stato diretta conseguenza della manipolazione posta in essere dal personale della struttura convenuta, personale che, per altro, pur essendo a conoscenza del dolore da lei patito, non aveva ritenuto di doverla trattenere in ospedale.

Orbene, per quel che concerne la natura della responsabilità professionale della struttura sanitaria convenuta, deve ritenersi di natura contrattuale ai sensi dell’art. 1218 e 1228 c.c.: la responsabilità risarcitoria della struttura sanitaria, per l’inadempimento e/o per l’inesatto adempimento delle prestazioni dovute in base al contratto di spedalità, va infatti inquadrata nella responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c. Si tratta di principi recepiti oggi dalla Legge 24/2017 (entrata in vigore in data 1 aprile 2017).

Fra la struttura sanitaria ed il paziente, per effetto della mera accettazione del paziente, sorge un rapporto di natura contrattuale atipico denominato di “spedalità” o di “assistenza sanitaria”, per effetto del quale la struttura assume l’obbligo di adempiere sia prestazioni principali di carattere strettamente sanitario sia prestazioni secondarie ed accessorie – fra cui prestare assistenza al malato, fornire vitto e alloggio in caso di ricovero. La responsabilità della struttura per i danni che si verificano in ambito sanitario è una responsabilità che scaturisce dall’inadempimento e/o dall’inesatto adempimento di una delle varie prestazioni che è direttamente obbligata ad eseguire in base a tale contratto atipico.

Ai fini della diretta riferibilità ex artt. 1218-1228 c.c. delle conseguenze risarcitorie dell’illecito non assume particolare rilevo che il contraente/debitore nell’adempimento delle sue obbligazioni si avvalga – per l’esecuzione delle prestazioni strettamente sanitarie di particolari figure professionali abilitate – necessariamente di propri dipendenti o di collaboratori esterni. Ne deriva che la struttura sanitaria per essere esonerata dalla responsabilità risarcitoria verso il paziente è tenuta a fornire la prova positiva che le conseguenze dannose di tale condotta non le sono imputabili a titolo di inadempimento delle obbligazioni oggetto del contratto di spedalità.

In tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (o del “contatto”) e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del “più probabile che non”, restando a carico dell’obbligato – sia esso il sanitario o la struttura – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinali da un evento imprevisto e imprevedibile.

Sulla scorta di tali osservazioni, il giudice ha ritenuto di dover rigettare la domanda risarcitoria dell’attrice perché carente sotto il profilo probatorio.

Trib. Milano, Sez. I, 7 gennaio 2020, n. 26

Redazione A-I.it Avvocati Associati

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